Lo Specchio

Lontani dall'Italia,
ce la portiamo addosso

Incontri comunitari alla scoperta dei nostri legami di ieri, oggi e domani ...


di Renato Ciolfi

Ricordo: "Roma Resta-urant era l'Italia", mi rac-contava mio padre.
"Veramente, si chiama Rome, all'inglese; ma, per tutti noi ogni sera, ridi-ventava l'Italia: ci si ritro-vava in quella angusta lun-ga sala, con profumi di pasta e carne fatta alla meno peggio … tutti noi uomini; mogli e figli in Italia. Non c'era altro dove andare: si viveva, si dor-miva a si mangiava li', al Rome Restaurant.”
“Ogni sera, insieme, cer-cavamo di combattere la nostalgia, facendo finta d'essere al bar del paese: con tutto il fumo; il caffe canadese perche' l'espres-so allora non c'era e non lo sapevano fare, le discus-sioni ed anche le bestem-mie. E, per ognuno di noi, era il nostro paese, le no-stre genti, le nostre terre, i nostri dialetti….e le lettere delle moglii erano il le-game e la nostra fonte d'informazione con l'Ita-lia".
Poi, si apriva la porta e l'Italia tornava a 3mila km di distanza, fuori da Rome Restaurant, si tornava ad essere su College, a qual-che metro da Bathurst, cir-ca 1959 dove era peri-coloso discutere anche di sport fermi sul marcia-piede. C'erano sempre in giro due poliziotti, sempre d'origine irlandese, che vedendo emigranti italiani fermi a chiacchierare so-spettavano quasi poten-ziali gruppi ed azioni sediziose e, con la grazia, la gentilezza e la voce di scaricatori di porto ini-ziavano ad ululare "moovvee!", facendo roteare, minacciosi i loro manganelli: democrazia anglosassone del tempo.

Lontani dall'Italia, legati all'Italia.
Indissolubilmente.
"Me ne frego dell'Italia" sentenzia Frank alle 7 di un freddo mattino autun-nale 2009, dentro al caldo del Ristorante Giovanna, mentre Severino prepara l'espresso per tutti i patiti della notizia come noi che abbiamo attraversato Col-lege di corsa, lasciando la "news room" della Chin, e per il gruppo d'amici che, quand'erano in Italia, pro-babilmente si svegliavano col gallo. Poi Frank, che credo faccia il bricklayer, si tradisce, guarda al gran-de schermo della tv che Severino tiene sempre accesa su Rai Interna-tional- vabbe' Rai Italia come la chiamano per adesso- e si rivolge al gruppo sentenziando "Ma Berlusconi ce le aveva di scorta a tutte le feste…". Non attende risposte o commenti perche' e' ben altro il suo vero interesse "Quello, Lippi e' nu' corn#%*#to perche' a Cassano lo devo chiamare, lo deve fare giucare…" Uscendo si lascia, come allora, l'Italia; fuori, su College, a pochi metri da Grace, il tram cigola e tossisce scorrendo sulle rotaie, ma c'e' mai stato un tempo nella storia di Toronto, che i tram non correvano lungo College Street?
Corrono come la nostra storia, la nostra presenza a Toronto…nel ricordo anche, del sarcastico strillo del tramviere che annunciava la fermata, "spadiiina".
Ancora prima, era stata Dundas la nostra strada; poi, da College e' iniziato negli anni l'esodo verso il nord: St.Clair, Rogers, Eglinton …poi Woodbri-dge, l'erede di College. Ma, la Little Italy non c'e piu'. Oggi abbiamo una "collettivita' italocana-dese".
Ed era stato quel "me ne frego" gettato li, come bravada, a spingerci a cercare se ancora viviamo in noi l'Italia fuori del-l'Italia e quanto partecipi siamo, ancora, di quella lontana, ormai diversa da quella nostra originale, rimasta … in Italia.
Per gli emigrati raccolti al Rome Restaurant l'Italia era molto lontana: piu' distante di quella che, oggi, al mattino da Se-verino il nostro gruppo d'amici segue, in tempo reale.
Il "Rome" era una fattispecie di "gasthaus": casa-pensione; un surro-gato, abbastanza "cheap" di dopo-lavoro, osteria, rifugio dal mondo strano e spesso ostile anglosassone tutto intorno. L'Italianita' era espressa allora nel-l'ambiente intimo di ami-ci-paesani; quasi mai pubblicamente.
E percio' era vissuta in-ternamente con grande nostalgia e spesso, anche, come anti-depressione alle difficolta' socio-culturale, e spesso razziste, della so-cieta' inglese. Negli anni del "Rome" la societa' era anglo-sassone.
Oggi, siamo una societa' canadese, di cultura, uffi-cialmente, multiculturale. Siamo arrivati.
La nostra collettivita' e' in-terprete attiva ed impor-tante della dinamica so-ciale del paese. Ormai l'italianita' e' orgoglio pubblico e non piu' ver-gogna nascosta.
E' stato un processo di-namico, ricco anche di una grande diversita' di media italiani in Canada.
Gia' presente ai tempi del "Rome" la stampa italo-canadese ha svolto un ruolo capillare nel legare "l'Italia" rimasta in patria con quella emigrata nel sud Ontario. E per la sua integrazione nel tessuto, socio-culturale-politico della nuova "patria" d'adozione.
Una stampa battagliera, presente ed impegnata che ha vissuto con la col-lettivita', il progresso ed evoluzione dell'italianita' in Canada.
Sono stati, e molti sono ancora, testimoni, guar-diani ed interpreti del dialogo Italia-italiani emi-grati. Nella Hall of Fame dell'Italianita' da College a Woodbridge, spiccano il Corriere Canadese, il Giornale di Toronto, oggi il nostro Lo Specchio, Chin Radio, i programmi televisivi di Emilio Mas-cia, predecessori di Te-lelatino, Cfmt-tv oggi Omni. Una stampa ricca anche di personaggi "storici": il polemico Rino Citarella, l'esule-poeta Gianni Grohovaz, il di-rigente Gus Saccucci; gli imprenditori della notizia: Arturo Scotti, Johnny Lombardi, Dan Ian-nuzzi… per fare alcuni nomi.
Ma oggi siamo ancora legati, interessati all'Italia rimasta nelle nostre terre d'origine?
Viviamo un'italianita' ve-ra? Sincera? Continua

Nel prossimo numero:
“Sognando Calabria .
...io non sono emigrato: non ho avuto scelta...”

Dall’Italia al Canada:ai figli minorenni non era permesso contestare le scelte di vita dei genitori.

 

16 ottobre 2009